chi ha inventato il sonetto

, il Casa si ingegna di «evitare quel che di scontato e di schematico è nella struttura del sonetto», e per questo «la sintassi tende a non combaciare con la struttura metrica». Allora si troverà che essa è molto più bella, e distingueremo con maggiore chiarezza la giustizia, l’ingiustizia e tutto ciò che abbiamo già detto. Emilio Filippini - Cattolica : Il Dolce Stil Novo 331-48. 731-32, scrive che il manierismo è una «riformulazione radicale» del petrarchismo, «ma in termini, tutto sommato, già previsti dal codice», e che esso consiste nell’«alterare, ma senza romperli, i dispositivi dell’. XXVI, 1: “Mentre fra valli paludose e ime”] sia segno distintivo, fin dal suo apparire, del tema c, polare rispetto al monte di a edi b» (sono i tre temi delle rime casiane, gli oggetti della sua ricerca: amore, gloria poetica, onori mondani). Portail de ressources électroniques en sciences humaines et sociales, Catalogue des 552 revues. In entrambi i casi, la rapida allusione mitologica è seguita dalla sua interpretazione allegorica in senso morale e autobiografico:2 nel primo caso, il poeta si paragona a Glauco perché come quest’ultimo, diventando abitatore dei mari, si ricoprì di conchiglie, sassi e alghe, così egli, facendosi travolgere dalle tempeste della vita, ha gravato il corpo e l’anima di impurità e peccati; nel secondo caso, l’analogia è indicata nel fatto che Esaco, divenuto uccello, può volare solo se digiuno, mentre non riesce a farlo quando è sazio, allo stesso modo del poeta, che ha appesantito il suo cuore, di per sé puro e leggero, con gli appetiti materiali, e dunque non è in grado di staccarsi dai beni terreni.3, 3La sommaria esposizione appena tentata tradisce e banalizza, però, la straordinaria ricchezza semantica e l’elaboratissima tessitura formale del componimento. Entrambi, infatti, sono miti del mare e della gola. di Marco Ariani nel suo commento al sonetto, in Antologia della poesia italiana, diretta da C. Segre e C. Ossola, II, Torino, Einaudi-Gallimard, 1997, p. 765) e dunque è contrassegnato dal proverbiale pallore degli amanti di cui parla Ovidio (Ars amandi I, 729, e anche di Esaco si legge nelle Metamorfosi, XI, 793, che «fecit amor maciem»; Quattromani, p. 238, aggiunge un dettaglio realistico: «perciocché il mantello e la pennatura del corvo marino [= smergo] ha del pallido»). le due interiezioni collocate a specchio ai vv. accresciuta, Padova, Liviana, 1974, p. 245, sostiene che una matrice platonica è visibile anche nel sonetto LXIV, dove il tema della seconda quartina «è come un risvegliarsi alla luce in senso platonico, come platonica era stata l’interpretazione allegorica del mito di Glauco», e scrive: «Come non pensare al mito della caverna a proposito di “questa luce / chiara, che ’l mondo agli occhi nostri scopre”?». vuole anke ke tutte le rime siano perfette e ke nelle terzine ci siano rime incatenate. Note su Castiglione, Della Casa, Tasso, Analogo motivo è svolto nei sonetti XXVI (dove il poeta rimane «fra valli paludose et ime», mentre, Importante, a questo riguardo, il modello petrarchesco dei, 1) la consapevolezza che la propria anima, pura in origine, si sia corrotta a causa delle impurità del mondo, e la conseguente aspirazione a mondarsi e a purgarsi, ricorrono con immagini simili a, età solea viver nel fango, / Hoggi, mutato il cor da quel ch, ogni immondo penser mi purgo et spoglio / e. 1-2 («Mentre fra valli paludose et ime / ritengon me larve turbate et mostri»); 5-6 («O tempestosa, o torbida procella, / che, 41-46 («[...] et ben convene / hor penitentia et duol l, ella è per mia colpa infusa et grave, / ché se. in particolare 246c: «quando [l’anima] è perfetta e fornita di ali vola in al, )definisce quelle di Glauco ed Esaco «metamorfosi degradanti, L’originalità del Casa, come di norma, è dunque un’originalità essenzialmente “combinatoria”, che consiste nella disposizione inedita di componenti topiche. , dove parimenti si dà conto di un’autentica “conversione”, di una vera e propria svolta esistenziale. infatti il v. 6 «puro anch’io scesi», commentato in chiave platonica da Garigliano, p. 50: «per io non intende il composto di anima e corpo, ma l’anima sola»; e così egli glossa puro: «imperocché, al dir di Platone, l’anime nostre, innanzi che si facessero sensuali ne’ corpi, erano pure e belle, cioè di natura intelligibile, ma scese ne’ corpi si fanno impure, cioè sottoposte a’ sensi» (ibid. Scribo libros. xvi 6-8: «Ma non commosser mai contrari venti / onda di mar, come le nostre menti / con le tempeste sue conturba Amore» (così dice il cuore, dialogando con il poeta); e inoltre xvii 7-8; xxviii 13-14; xli 5-6 («O tempestosa, o torbida procella, / che ’n mar sì crudo la mia vita giri!»). Il sonetto persiste tuttora, spesso se ne fa un uso manierato, tuttavia non mancano esempi di autori che abbiano saputo utilizzarlo in maniera originale: Sanguineti, Zanzotto, Fortini, Pasolini e altri. Si noti infine che in precedenza il Casa aveva creduto di levarsi a volo grazie all. A. Cardillo. Innanzitutto, emerge chiaramente – qui come in tutto il canzoniere del Casa – la tendenza alla potente concentrazione formale ed espressiva: diviene un sonetto, le cinque metamorfosi petrarchesche si riducono a due (la seconda delle quali, per giunta, solo rapidamente evocata), e il componimento ostenta perentorio, fin dal primo verso, l’interpretazione autobiografica («Già lessi, ed or conosco in me»), cui il poeta intende piegare i racconti mitologici di Glauco e di Esaco. Achetez et téléchargez ebook Il paese dei coppoloni (Italian Edition): Boutique Kindle - Littérature : Amazon.fr Guasti cit., p. 56). Infatti, se, come detto, i miti di Glauco e di Esaco si dividono con assoluta regolarità le due parti del componimento (vv. . ] Già lessi, ed or conosco in me, sì come Glauco nel mar si pose uom puro e chiaro, e come sue sembianze si mischiaro di spume e conche, e fêrsi alga sue chiome; però che ’n questo Egeo che vita ha nome puro anch’io scesi e ’n queste de l’amaro mondo tempeste, ed elle mi gravaro i sensi e l’alma, ahi, di che indegne some! della Casa, , Napoli, per Gio. 19-68 (seco, (qui cit. Sole, Torino, Fògola, 1997, pp. . ] 138-40) spiega come Aristeo debba identificarsi, a norma di etimologia, con la virtù, ed Euridice con la «naturalis concupiscentia» dell’uomo, che trova la morte inseguendo i beni terreni e fuggendo la virtù. Ma si sono aggiunti nuovi elementi: conchiglie, alghe, sassi, sicché Glauco assomiglia più a un altro essere qualsiasi che a quello che era originariamente. [si riferisce agli scritti di Seneca e di Cicerone]. I, pp. 27 Il rinvio a Rvf 23 fu già proposto da Garigliano, p. 49. È il mio sonetto preferito della signora Browning. Questa seconda interpretazione (quella dantesca) sarà poi preferita da Tasso, che commentando i vv. quaest., I, 17, 4) relativo allo specchio e alla sua utilità morale per migliorare se stessi, Francesco dice di conoscerlo bene, e il medesimo Agostino replica: «Quid vel legisse vel meminisse profuit? a questo proposito A. Afribo, «Si compiaceva più della gravità». , a cura di G. Petrocchi, Firenze, Le Lettere, Lo stesso Ovidio narra però (XIII, 900-15) che Glauco, dopo essere divenuto un dio marino, cadde vi, Qui, invece, l’esperienza del mitico pescatore è interpretata in modo opposto, come un imbestiamento, un allontanamento dalla perfezione originaria, una perdita dell’. qui più avanti, a testo). 12-14del proprio sonetto Erba felice, che già in sorte avesti17 («Già, novo Glauco, in ampio mar mi spazio / d’immensa gioia, e ’n più tranquillo stato / quasi mi par ch’immortal forma i’ prenda») afferma di adottare l’interpretazione dantesca del mito (che allude alla deificazione di Glauco, come anche in Ovidio), non quella platonica, seguita invece dal Casa. Analogo motivo è svolto nei sonetti XXVI (dove il poeta rimane «fra valli paludose et ime», mentre il dedicatario Bernardo Cappello sale sciolto verso le «spedite cime») e XXXVII (dove l’anima del Bembo, dopo la morte, «al ciel sen vola»). 39 k mentions J’aime. Donde, continua Tanturli, l’insistenza sul trarre – e sull’aprire ciò che era chiuso – nell’ultimo sonetto (vv. in particolare Carrai, pp. Primum te expeditum, secundum plane inopem facit et miserum.Sed ut Aristippi consilium, sic et Theophrasti dictum te legisse arbitror.Quid vero lectio sola profuerit? 21Il sonetto lxii, insomma, si presenta come una sorta di testo-consuntivo, collocato com’è in una posizione strategica all’interno delle rime, dopo la sestina lxi (che proclama la rinuncia definitiva agli onori mondani) e prima degli ultimi due sonetti, occupati nell’ordine dal pensiero della morte incombente e dalla rasserenante scoperta della presenza divina nel mondo e in se stessi,46 col finale approdo alla vita contemplativa (nell’ultimo sonetto infatti il poeta, letteralmente, contempla l’universo e, così facendo, si innalza finalmente al di sopra della terra). Quanto ad Esaco, Ovidio non dice che egli, divenuto smergo, voli soltanto se digiuno, mentre non possa farlo se sazio, ma si limita ad affermare che per desiderio di morte – essendo ancora innamorato di Esperia – continua a ripetere il suo gestoeatuffarsi sotto le onde del mare, perché quello è l’elemento che egli ama. Lo stesso Ovidio narra però (XIII, 900-15) che Glauco, dopo essere divenuto un dio marino, cadde vittima dell’amore per Scilla, e dunque al Casa egli poteva apparire non realmente mondato dalle passioni terrene. «la grandezza dell’artificio de’ gran corpi di poesia». Aristippo, gettato in seguito a un naufragio sulle spiagge di Rodi, si diresse in città e vi tenne una lezione di filosofia, ricevendone doni in abbondanza; cosicché, quando i suoi compagni, mentre si apprestavano a tornare in patria, gli chiesero che cosa volesse mandare a dire a casa sua, rispose che dicessero loro di fornire ai figli possedimenti e viatichi tali che potessero scampare a un naufragio insieme con loro. Il sonetto, così, riproduce, nelle sue due fasi, il senso e la situazione di tutta la seconda parte delle rime (dalla canzone xlvii in poi), anzi il senso della stessa canzone xlvii: caduta, consapevolezza della colpa, ravvedimento, pentimento e aspirazione al cambiamento, conversione, mutatio vitae. » (sono i tre temi delle rime casiane, gli oggetti della sua ricerca: amore, gloria poetica, onori mondani). Agiunti ha insieme questa alma felice.». . tori, ha voluto creare Sonetto, un ori-ginale blend con il nativo Verdicchio e l’internazionale Chardonnay. ETIMO: dal provenz. Non si credette mai di dir "Tedeschi". 749-95). Want your friend/colleague to use Blendspace as well? Sonetto 1000 Like a hidden treasure, the joy is in its discovery. Sole, Cognizione del reale e letteratura in Giovanni Della Casa, Roma, Bulzoni, 1981, p. 53, scrive che i miti di Glauco ed Esaco nel son. 144 e 192). . 71 Come fa ad es. 295-317: 316-17), secondo la quale Glauco mangia l’erba e ottiene l’immortalità, ma infine, divenuto vecchissimo e ormai stanco della vita, si getta in mare. Nonché, prima, 17-18: «così l, anima purgo, e cangio guerra / con pace, e con digiun soverchio cibo». volesse Dio che monte ricco avesse, uomo che esce dalla nubi della vita materiale e mortale (vv. cit., I, p. 668). ). 53 Analogo motivo è svolto nei sonetti XXVI (dove il poeta rimane «fra valli paludose et ime», mentre il dedicatario Bernardo Cappello sale sciolto verso le «spedite cime») e XXXVII (dove l’anima del Bembo, dopo la morte, «al ciel sen vola»). 135, 59-60, ma solo per la forma: «tutto dentro et di for sento cangiarme, / et ghiaccio farme, così freddo torno»; e qui XXXII, 42-44: «agghiacciarsi sento / et pigro farsi ogni mio senso interno, / com’angue suole in fredda piaggia il verno» (col verbo. – 5 Egeo: per un’analoga sineddoche vd. «Tanto gentile e tanto onesta parela donna mia quand'ella altrui saluta,ch'ogne lingua deven tremando muta,e li occhi non l'ardiscan di guardare. Nella sua forma tipica, è composto da quattordici versi endecasillabi raggruppati in due quartine a rima alternata o incrociata e in due terzine a rima varia.[1]. Ma, del resto, ben più fantasiose domande ci poniamo continuamente, senza aver paura della loro eccentricità. da lui curata di Cristoforo Landino, Scritti critici e teorici, Roma, Bulzoni, 1974, II, pp. Esso può fornire dunque una privilegiata porta d’accesso alla complessa arte di Giovanni Della Casa, e insieme consentire – per la sua particolare posizione in seno al libro – di mettere in luce le raffinate dinamiche strutturali della sua sezione conclusiva.1. 579-580; «Quisquis amas, loca sola nocent, loca sola caveto. Glauco, per lui, è l’anima non composta, originaria, cui si legano e si sovrappongono poi – quando, , p. 166: «anche prima delle attente chiose del Quattromani (1616), i letto, . E in qualche modo, in misura più grande di tutto ciò che riguarda il corpo, essa ha partecipato del divino, e il divino è bello, saggio, buono e tutto ciò che è simile a questo. Il sonetto godrà di una grande fortuna anche al di fuori dell'Italia: nella letteratura portoghese, spagnola, francese, tedesca e anche inglese, dove troverà tra i suoi estimatori anche Shakespeare, Milton e Neruda. Erat igitur potius quemadmodum in actum illa produceres experiendo tentandum, quam in laboriosa cognitione procedendum, ubi novi semper recessus et inaccesse latebre et inquisitionum nullus est terminus. In una rima casiana esclusa dal canzoniere (74, 9), Glauco è interpretato invece in senso “positivo”: vi si dice infatti che il riso della donna dona «l’erba onde Glauco diventò beato» (alludendo alla sua trasformazione in dio e alla sua immortalità). 1-183), presentino una struttura “d’autore” e possano dunque definirsi un “canzoniere”, è oggi riconosciuto dalla maggioranza degli studiosi, anche se non tutti credono a un ordinamento rigoroso e calibrato in tutte le sue parti, e alcuni sospettano che la scelta e la disposizione dei testi possano risalire almeno in qualche misura all’iniziativa del curatore Erasmo Gemini (vd. A questa nostra, che dell'altrui pelo [. 163-64, collega il sonetto al soggiorno del Casa a Nervesa, scrivendo che «il complesso percorso mnemonico suggerito dalle favole ovidiane di Esaco e di Glauco [. Le implicazioni platonizzanti di questo sonetto furono còlte già dai primi lettori ed esegeti; né la forte caratura filosofica del componimento può stupire, in un poeta, come il Casa, la cui biblioteca era particolarmente ricca sul versante della filosofia antica, e soprattutto di quella platonica e neoplatonica. Ornati fòr di luce e di verdura: Non da la prima età simplice e pura, , p. 53: «sebbene questo sonetto, ed ogni altro che qui prenderò a spiegare, è, per dir così, un’ombra di poesia per la picciolezza sua, nondimeno si conoscerà per mezzo suo la grandezza dell’artificio de’ gran corpi di poesia». si apre con la canzone 264, mentre nelle ristampe del 1514 e 1521 è inaugurata dal sonetto 267 in morte di Laura: è evidente dunque che Casa guardi all’aldina del 1501, anche per la scelta di far iniziare la seconda parte delle sue rime con una canzone). 46-47) di un gusto superficiale per la vacua erudizione mitologica degli autori più peregrini. Sempre nel terzo libro del dialogo si manifesta con chiarezza a Francesco la differenza e la distanza cronologica tra i due momenti: quello, lontano, della lettura senza profitto, e quello, presente, dell’esperienza personale, che gli consente di comprendere il senso profondo dei testi. Let them know! Nel secolo in cui il sonetto è stato ideato, basti pensare alla struttura della Commedia, la valenza numerologico/esoterica dei versi era molto sentita; anche il sonetto (il sonetto italiano) può essere letto in questa chiave: Questo è stato probabilmente uno dei motivi del suo enorme successo in Italia e all'estero. Vieni in negozio ad ascoltarle, pronte entrambe per l'ascolto! a testo si trova a p. 55, l’analisi del sonetto alle pp. 381: «la terrifica raucitate de l’urinante Esacho»); e un sonetto di Niccolò Franco, incentrato sul solo Esaco, che ancora va in cerca della donna amata (1-4: « Esaco avventuroso, che nel mare / ch’io varco con Amor, mostri al mio viso / che da l’antico stil non t’ha diviso / la morte ch’a te pur ti piacque dare»). cit., p. 80, per il quale «l’esperienza di vita [. 39 Tanturli, p. xlvii (e vd. E vd. 5-6). Vd. 357. , pp. 29 Qui e oltre cito dall’ed. , «Giornale storico della letteratura italiana», 123 [2006], pp. Amore] pascendo strugge, / tardo partimmi et lasso a lento volo; / indi cantando il mio passato duolo, / in sé l’alma s’accolse / et di desir novo arse / credendo assai da terra alto levarse»); xlix 5-11, per la morte di Trifon Gabriele («Et hor di lui [scil. e prima degli ultimi due sonetti, occupati nell’ordine dal pensiero della morte incombente e dalla rasserenante scoperta della presenza divina nel mondo e in se stessi, col finale approdo alla vita contemplativa (nell’ultimo sonetto infatti il poeta, letteralmente, contempla l’universo e, così facendo, si innalza finalmente al di sopra della terra), Giova ancora rammentare, a questo proposito, i tre tipi umani di Plotino, che nell’interpretazione del Garigliano rappresentano i voluttuosi, gli attivi e i contemplativi: proprio come nel canzoniere casiano, dominato dalle due tentazioni capitali (di cui la prima, l’amore, corrisponde al primo e più basso livello, quello della vita dei sensi, e la seconda, l’ambizione mondana, al secondo, quello della vita attiva), cui segue l’agognato traguardo della vita contemplativa (, ). non intende il composto di anima e corpo, ma l’anima sola»; e così egli glossa, : «imperocché, al dir di Platone, l’anime nostre, innanzi che si facessero sensuali ne’ corpi, erano pure e belle, cioè di natura intelligibile, ma scese ne’ corpi si fanno impure, cioè sottoposte a’ sensi» (, . il mio, Dall’“epistola” al “carme”. Vd. 297-98, parla di «lessico lirico aristocraticamente selettivo»; eap. XI, 70, dove Olimpia è detta più bella di Venere, vincitrice delle tre dee nel giudizio di Paride; si può aggiungere anche Jacopo Nardi, Canzona sopra il carro delle tre dee (in Trionfie canti carnascialeschi del Rinascimento, a cura di R. Bruscagli, Roma, Salerno Editrice, 1986, I, pp. 1-6). Ho parlato di Ovidio: va detto subito, però, che – come da più parti è stato osservato – tanto nell’esposizione, quanto nell’interpretazione dei due miti, il Casa si discosta dalla sua fonte primaria. . 815-17. . Tale è la legge di Adrastea, che qualunque anima, divenuta seguace di un dio, abbia scorto qualcosa della realtà vera, fino all’orbita successiva sia sana e salva, e, qualora abbia sempre la capacità di fare ciò, sia incolume per sempre; qualora invece, non essendo riuscita a farsi guidare, non avvia visto, e, colpita da qualche accidente, riempita di oblio e di cattiveria, sia divenuta pesante, e, una volta appesantita, perda le penne e cada verso la terra, allora [. [si riferisce agli scritti di Seneca e di Cicerone] A. Quid ergo? dell’intero canzoniere, di cui compendia al tempo stesso le principali tematiche e le più peculiari soluzioni formali. Essa risiede da un lato nell’aver connesso il mito di Esaco con l’immagine plotiniana degli uccelli appesantiti dal cibo, paragonati dal filosofo agli uomini materiali (il trait d’union gli venne fornito probabilmente da Plinio il Vecchio, Nat. Chi, se non tu, misericordiosa, Rara nel mondo, anci unica fenice. Questo, testimoniato dalla stampa del 1558, è pertanto l’ordine corretto degli ultimi due sonetti – non quello, inverso, tràdito dal Chigiano O VI 80– perché, come in Petrarca, è solo dalla meditazione della morte incombente (lxiii) che l’uomo può trarre l’incentivo a staccarsi dai beni terreni, a convertirsi e a tornare a Dio (lxiv).47 Possiamo quindi sostenere che il sonetto lxii è il punto d’arrivo del percorso morale del libro, e pone a sua volta le premesse per la conclusione (lxiv), dopo la pausa del sonetto lxiii (presentimento dell’imminente morte).48 A conferma, si considerino i nessi fra gli ultimi tre sonetti, nonché i rapporti tra il lxii e le altre rime del libro. Noté /5: Achetez Il sonetto italiano. Why, that's from my favorite sonnet by Mrs. Browning. Vd. 1-4) è come il cielo e la luce che Dio ha estratto dalle tenebre primordiali: nella corrispondenza perfetta fra macrocosmo e microcosmo, la storia del singolo riflette e riproduce, ogni volta, la storia del creato, e ciò le conferisce senso e la avvalora, perché l, uomo comprende che anche i suoi peccati fanno parte del disegno divino di salvezza. Michelangelo, Rime, a cura di M. Residori, Milano, Mondadori, 1998, p. 265, col relativo commento del curatore. In un’edizione delle sue rime da lui stesso chiosate (Brescia, Marchetti, 1592, pp. . ] Inoltre, il tema della metamorfosi lega i sonetti. in particolare 246c: «quando [l’anima] è perfetta e fornita di ali vola in alto e ha cura dell’intero mondo; ma nel caso che abbia perso le ali, è spinta fino a che si impadronisca di qualcosa di duro, dove, prendendo dimora, impossessatasi di un corpo terrestre, che sembra muoversi da sé in virtù della potenza di lei, è chiamato vivente nella sua interezza, anima e corpo insieme, e acquista la denominazione di mortale»; 246d-e: «La potenza dell’ala è per natura di condurre in alto ciò che è pesante, volando lassù dove risiede la stirpe degli dei. [...] Verso il suo amore per la sapienza. Altri si alzano un poco dal basso, perché la parte più elevata della loro anima li spinge dal piacere alla bellezza; tuttavia, dato che non sono capaci di guardare in alto e non hanno altro cui appoggiarsi, precipitano, insieme con il nome della virtù, verso la prassi, verso la scelta tra le cose di quaggiù, da cui prima avevano tentato di innalzarsi. 66-67). Or ho perduta tutta mia baldanza, da Schulz-Buschhaus, Le «Rime» di Giovanni Della Casa cit., p. 148). «Il mio cuore è una rossa suonò diverso a quello di "Granduca", uno schianto stridente... I due aneddoti sono riferiti da Petrarca per esteso in questo stesso capitolo del. L’erba rappresenta il piacere sensuale in quanto pasto degli animali bruti, a loro volta tradizionale emblema degli uomini lussuriosi (si pensi alle metamorfosi di Circe, evocate a questo proposito dal Nifo nella prima redazione del dialogo tassiano: ed. / Quo fugis? E ciò spiega perché, nelle successive redazioni del dialogo, Tasso abbia espunto l’esegesi platonizzante del casiano sonetto. Da ricordare poi il sonetto, , dove il Casa definisce la donna amata «cibo e sostegno mio» (v. 10), e conclude: «Né fia giamai, quando, mi procuri altra esca» (12-13). Se non miseria fusse, ove mostrare Per il motivo del “peso” vd. 47-56;Quattromani =Sertorio Quattromani, Sposizioni delle rime di monsignor Della Casa, ivi, II, passim; Scarpa, Schede = E. Scarpa, Schede per le “Rime” di Giovanni della Casa, Verona, Fiorini, 2003; Tanturli = G. Tanturli, Introduzione, commento e Nota al testo a Giovanni Della Casa, Rime, Milano-Parma, Fondazione Pietro Bembo-Ugo Guanda Editore, 2001. è sintomo ed espressione dell’inquietudine interiore del poeta, che si tradurrebbe in un’arte “manieristica” e tormentata; tuttavia, sembra più appropriato ricondurre il fenomeno a una matrice non tanto psicologica o addirittura storico-sociologica. 1-4) è come il cielo e la luce che Dio ha estratto dalle tenebre primordiali: nella corrispondenza perfetta fra macrocosmo e microcosmo, la storia del singolo riflette e riproduce, ogni volta, la storia del creato, e ciò le conferisce senso e la avvalora, perché l’uomo comprende che anche i suoi peccati fanno parte del disegno divino di salvezza. ), rispettivamente al termine della fronte e all’inizio della sirma, dunque nel cuore del sonetto. Questo, testimoniato dalla stampa del 1558, è pertanto l’ordine corretto degli ultimi due sonetti – non quello, inverso, tràdito dal Chigiano O VI 80– perché, come in Petrarca, è solo dalla meditazione della morte incombente (, che l’uomo può trarre l’incentivo a staccarsi dai beni terreni, a convertirsi e a tornare a Dio (, è il punto d’arrivo del percorso morale del libro, e pone a sua volta le premesse per la conclusione (, A conferma, si considerino i nessi fra gli ultimi tre sonetti, nonché i rapporti tra il, e le altre rime del libro. In effetti, l’intenzione di un raffinato classicista qual era il Casa sembra chiaramente quella di rileggere Petrarca alla luce della grande lirica greco-latina, e in particolar modo di Pindaro e di Orazio, ai quali l’esegesi umanistica lo accostava fin da Cristoforo Landino. 309-48, in part. 239-40: 240). 16 talking about this. 1 Che le rime casiane, nella princeps del 1558 (inclusa nelle Rime et prose pubblicate a Venezia presso Bevilacqua e ora disponibili anche in anastatica: Giovanni Della Casa, Rime et prose. La stessa idea teorizzata e praticata, nei Sepolcri, da quel grande ammiratore del Casa che fu Ugo Foscolo (cfr. 749-95). Per tutti i commentatori danteschi antichi, Glauco è l’uomo che s’indìa; secondo Benvenuto da Imola, ad es., l’erba in virtù della quale Glauco si fa dio è la sacra Scrittura e la sapienza teologica, che permette a Dante di innalzarsi alla contemplazione del paradiso, e sulla sua scia molti altri così intendono, fra cui anche Vellutello (1544) e Varchi (1545). Per ogni coda successiva alla prima il settenario rima con l'ultimo verso della coda precedente. , Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2002, pp. Ex multis enim, que legisti, quantum est quod inheserit animo, quod radices egerit, quod fructum proferat tempestivum?»; «, Singula hec haud negligenter legisse me noveris. la penna, a dolci prove. 81-105), XLIX (pp. 35. 231-32, apparato), donde si ricava che Tasso aderisce già all’interpre-tazione dantesca del mito: «diventeremo quasi divini, come fe’ Glauco nel gustar de l’erba» (p. 232, variante di β). skip to content. Tanturli, sulla scorta del Quattromani, rinvia inoltre a O. XVI, 139-40 (lettera di Paride a Elena), che allude al celebre giudizio e afferma che, se Elena vi avesse partecipato, la vittoria di Venere sarebbe stata in dubbio: «Si tu venisses pariter certamen in illud, / in dubio Veneris palma futura fuit» (ma vd. Il sonetto, così, riproduce, nelle sue due fasi, il senso e la situazione di tutta la seconda parte delle rime (dalla canzone. (e vd. . E si tratta, ancora una volta, delle due grandi tentazioni petrarchesche, le due «catene» del, un dialogo di cui, proprio in merito a questo tema, si sorprendono echi anche nella fondamentale canzone, che inaugura la svolta “penitenziale” e “morale” delle rime casiane. : per un attacco analogo, nella medesima posizione metrica (in apertura di sirma), vd. 20 Fedro, 246c-256e. Il Casa, insomma, si rivela petrarchista anche quando da Petrarca sembra a noi più decisamente allontanarsi per adottare soluzioni espressive la cui “modernità” tendiamo talora a sopravvalutare, 76 condizionati come siamo da una visione eccessivamente “monolitica” e “levigata” dei Fragmenta; a conferma ulteriore del fatto che, come ha scritto argutamente Silvia Longhi, «le vie del petrarchismo sono davvero infinite». qui ad es. cit., pp. 47 S. Carrai, Il canzoniere di Giovanni Della Casa dal progetto dell’autore al rimaneggiamento dell’edizione postuma, in Per Cesare Bozzetti. Vi è poi una terza specie di uomini divini, di maggior forza e dallo sguardo più acuto, che contemplano, come per una grande acutezza visiva, il fulgore di lassù e s. oscurità terrena e permangono là, disprezzando tutte le cose del mondo e rallegrandosi di quel luogo vero e familiare, come un uomo che, dopo molto vagare, sia ritornato alla sua patria, governata da buone leggi. Ricerche e contributi, a cura di G. Barbarisi e C. Berra, Milano, Cisalpino, 1997, pp. a lxiii 11 digiuno,e mi gravaro al v. 7] / tenne l’alma co’ i sensi ha già tanti anni!». ., e in generale, su questo passo plotiniano, pp. [. 2 Glauco ed Esaco sono vere e proprie «figure» dell’autore (Scarpa, Schede, p. 164). Allo stesso modo, Glauco, appena mangiata l’erba miracolosa (l’esca del Casa, ossia i desideri mondani), sente il desiderio di entrare nel mare (Ovidio, Met. . Il sonetto può anche apparire nel genere del prosimetro, insieme di testi in prosa o in versi, come nella Vita Nova di Dante Alighieri, o può apparire con una precisa funzione comunicativa. 138-40) spiega come Aristeo debba identificarsi, a norma di etimologia, con la virtù, ed Euridice con la «naturalis concupiscentia» dell’uomo, che trova la morte inseguendo i beni terreni e fuggendo la virtù. Excusabilius erat ignorantie clipeum posse pretendere». Giorno verrà: lo so Sicché, anche nel Casa, l’impiego di simili accorgimenti metrico-retorici si configura non come movimento verso la forma aperta dettato da insofferenza nei confronti delle forme chiuse, bensì, al contrario, come aspirazione a uno stile ancora più complesso, duro e ricercato, lontano da ogni fluidità discorsiva e incline piuttosto alla.

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